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Nati per riesistere

Dialogo intorno ad un libro.
Presentazione a Leros del volume di Alfredo Zappa

Questa presentazione nasce come filo diretto al convegno storico organizzato l’anno scorso nell’ambito delle manifestazioni commemorative dell’80° anniversario della Battaglia di Leros, al quale sono stati invitati storici di tutte le nazioni coinvolte nell’evento bellico, ma nel cui contesto era stato anche creato un ampio spazio per ospitare ricordi e testimonianze dei posteri, evocativamente denominato “C’ero anch’io”.

Alfredo Zappa vi aveva partecipato, con un’anticipazione del suo volume che in quella data non aveva ancora ultimato la stampa.

E vi aveva partecipato anche Andrea Calandrelli, che aveva presentato un suo contributo, frutto della sua passione di collezionista storico, avendo scoperto che un reperto in cui si era imbattuto aveva stretta attinenza con la Leros all’indomani della battaglia (gen ’44).

Ero rimasto particolarmente colpito dalla grande, evidente umanità di Alfredo, dal suo modo di vedere il mondo in modo “empatico”, e convinto dallo stralcio che costituiva il suo intervento al convegno, lo avevo invitato a presentare a Leros il volume.

Da tempo ho adottato l’esortazione di Primo Levi: “Bisogna guardarsi dall’errore che consiste nel giudicare epoche e luoghi lontani col metro che prevale nel qui e nell’oggi”, ma faccio un’eccezione per Alfredo perchè la sua immedesimazione ha una motivazione umana che nel suo caso, nel caso del libro che presentiamo oggi, travalica ampiamente la narrazione storica per approdare ad una narrazione umanitaria, strettamente personale.

Per tutt’altri versi mi aveva colpito anche l’intervento di Andrea, di impianto rigorosamente “scientifico”, da collega (è medico come me) aduso alla costruzione logica ed espositiva della relazione tecnica presentata ad un congresso medico. Mi era sembrato subito il degno contraltare per una dissezione dell’opera da presentare.

Eccoli quindi riuniti stasera in un dialogo molto colloquiale attorno al libro, per presentarvelo in modo informale, con Andrea nelle vesti di implacabile inquisitore che sottoporrà Alfredo a stringente interrogatorio sui risvolti letterari, personali, psicologici e filosofici del suo libro. E sono certo che Alfredo saprà raccogliere la sfida e chiarire perfettamente il suo coinvolgimento…

Edizione a stampa pubblicata da ETPbooks – Athens, 2023
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Alfredo è alla sua prima opera di narrativa, ma sono anni che tiene la penna in mano, che lavora di penna: come racconta in maniera molto brillante, dopo essere sfuggito per poco alle catene di montaggio dell’Alfa Romeo, si laurea con lode in architettura ed inizia la trafila accademica e progettistica di rito. Ma si ritrova ben presto con la penna in mano, come dicevo prima, nel mondo delle riviste del settore architettura e arredamento, prima tra tutte la famosa Casabella, per citare un nome noto anche ai non addetti ai lavori. Dopo 40 anni di laurea e di lavoro impegnativo, anche se gratificante, decide di “mollare tutto” (parole sue…) e dedicarsi alla famiglia, ai viaggi, al mondo delle barche (sempre frequentato), ed alla narrativa. Anche se di narrativa un po’ particolare, con tanta autobiografia dentro, a giudicare da questa sua opera prima

La prefazione del volume riportata nel risvolto di copertina

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Alfredo Zappa – Autopresentazione, 26.4.2024

Amati o odiati, i padri sono comunque opera postuma.
La banale avventura di un romantico e ingenuo figlio del dopoguerra si intreccia con l’epopea di un padre che quella guerra l’ha fatta. Una “telemachia” contemporanea alla ricerca del tempo perduto ci porta alla scoperta della verità su una pagina di storia italiana a torto dimenticata, navigando tra le isole di uno struggente e mitico Mare Egeo. Un viaggio sull’acqua e attraverso il tempo. Un presente continuo dove il protagonista ritrova il tragico non detto del padre e al contempo rivela il suo vissuto. Il messaggio è rivolto alla figlia, alla quale il libro è dedicato, e indirettamente a tutti i figli.
C’è qualcosa di personale che può diventare corale e appartenere a tutti. Perché qualsiasi siano le nostre storie, le nostre esperienze, sentimenti e passioni, bisogna principiare a narrare e al tempo stesso ascoltare. Scavalcando la barriera della riservatezza per uscire dai propri tormenti. Un invito a riannodare con una gassa d’amante la cima che lega tre diverse generazioni, perché chi erano è in fondo chi siamo e comprenderlo è fondamentale per ritrovare sé stessi.
Una vicenda reale tra il detto e il non detto, cosparsa di citazioni come molliche di pane per indicare la strada di casa ai figli dei figli e aprire vie di fuga tra le righe di altri autori. Perché sulle pagine come sulle note di una canzone, sono le parole a farci commuovere.
In fondo, leggere è una delle poche grandi avventure che ci rimangono. L’altra è vivere e per farlo l’errore più grande è rimandare a realizzare i propri sogni.

E se leggere è un’avventura, allora concediamocene ancora una, brevissima, con alcuni brevi stralci in cui l’autore si svela senza pudori al lettore in un momento autobiografico in cui, forse, qualcuno può ritrovarsi, almeno in parte…

Alla fine decisi di iscrivermi alla facoltà di Architettura. Aveva ragione lui. E in qualche modo spero di averlo fatto felice portandogli a casa cinque anni dopo una laurea con lode.
Ho cercato di fare del mio meglio. Qualche volta ci sono riuscito, qualche altra no.
[…]
Controvento andavo con l’amico Livio, conosciuto il primo giorno di università e col quale, oltre all’estrazione sociale e all’ingenuità professionale, condividevo il malsano difetto di lavorare troppo. Abbiamo fatto tutta la strada insieme, firmando progetti e insuccessi a quattro mani. Io impulsivo e irrequieto, lui pacato e flemmatico. Io negativo per vocazione, lui positivo a oltranza. Entrambi capaci di esorcizzare la realtà con un sorriso e una battuta spiazzante.
[…]
Ciò non toglie che spesso sono stato costretto a viaggiare con compagni che non mi ero scelto e dai quali dovevo guardarmi le spalle. Gente alla quale non interessa sapere chi sei, ma a cosa potresti servirgli.
[…]
Temevo di recitare anch’io inconsciamente una parte affidatami dai condizionamenti del vissuto, dall’educazione, dalla famiglia, dai sogni degli altri, dalle letture di una vita, dal sistema, dalla pubblicità, dagli algoritmi del web che fabbricano il nostro immaginario a loro uso e consumo. E mi domandavo se il fuggiasco colto, l’alternativo, altro non fosse che un replicante. Uno che crede di aver scelto il meglio tra il peggio, ma non ha scelto nulla. E fino a che punto ne è convinto nel profondo di sé stesso? Dove finisce il gioco di ruolo, dove finisce la passione assoluta, dove finisce l’autoillusione, dove comincia il dubbio?”

Introduzione al Dialogo di Andrea Calandrelli

Nati per riesistere è il tuo racconto che emerge dai ricordi durante un viaggio a Leros che si intrecciano con la storia di tuo padre che  a Leros ha combattuto però non te ha mai parlato in modo approfondito. Vieni a conoscenza del dramma vissuto da tuo padre soltanto dopo la sua morte e ti chiedi il perché di questo taciuto (cosa c’è dentro i silenzi di mio padre?).

Smarrito e ossessionato ritorni a Leros varie volte, visiti i luoghi, cerchi  affannosamente posti e persone che possano aver avuto a che fare con tui padre nel lontano 1943. I luoghi trovati e le persone conosciute sono ora la voce di tuo padre e le tue risposte.

Durante uno dei  viaggi di ritorno ricomponi parti della vita di tuo padre liberandoti, attraverso la rielaborazione del vissuto reciproco, da quel tormento di domande e risposte a tuo padre e a te stesso. I pensieri, riflessioni e sentimenti  trascendono in un dialogo unico padre-figlio il cui messaggio è custodito nelle pagine del tuo libro: Leros e il mare ne saranno testimoni per sempre.

[nb: domande e risposte sono orientative, raccolte e trascritte succintamente dall’estensore delle presenti note, pertanto suscettibili di fraintendimenti e non impegnano in alcun modo i due partecipanti al dialogo che potrebbero dissentire dalla presente trascrizione]

 

  • Come vieni a conoscenza della tragedia di Leros? Quando il tuo viaggio diventa libro e cosa ti ha spinto a farlo diventare libro?

C’è una parte che riguarda l’epica di questa storia e una che riguarda la tecnica con la quale è stata resa.

L’epica comincia dal fortuito incontro con il libro di Teatini e dello straniante confronto con il film Mediterraneo di Salvatores.

La scoperta di un’altra verità e il rimorso di non avere parlato con mio padre mi ha spinto ad approfondire le ricerche.

Procurandomi vecchi libri, rapporti militari, il suo foglio notizie redatto dalla Marina Militare e viaggiando più volte sull’isola, ho letto di scontri corpo a corpo conclusi all’arma bianca e tante altre brutalità nelle quali mio padre è stato coinvolto su Monte Raki e non ha mai raccontato.

Naturale domandarsi: Chi era veramente mio padre?

Il libro è nato più tardi. Prima cercavo risposte per fugare dubbi e curare rimorsi.

Sono stati gli amici e la famiglia a spingermi a scrivere. E il tempo liberato dal Covid.

La tecnica riguarda invece il problema che mi sono posto sin dall’inizio: come scrivere un libro storico con la potenzialità di essere letto anche da mia figlia. Da tutti i figli…

Ho letto molti libri storici. Ma sono troppo tecnici, pedanti e poco emotivi. Hanno un altro scopo.

Come dare con forza un futuro al passato? Come farlo riesistere, metterlo al presente? Volevo coinvolgere il lettore, farlo protagonista.

Ecco perché accanto alla storia c’è tanto presente. C’è l’epica familiare e il rapporto con papà che getta un ponte tra le generazioni. E l’attualità del viaggio in barca con le sue implicazioni mi ha fornito il substrato sul quale imbastire il racconto. Ci tengo a sottolineare che tutto quello che narro è realmente accaduto.

 

  • E’ al greco che torniamo quando siamo stanchi della vaghezza e della confusione e della nostra epoca (V. Woolf, Diari). C’è tanta grecità nel tuo libro (Eschilo, Socrate, Platone, Critone, Egeo etc). Cosa ti affascina e seduce del mondo greco? Attraverso miti e riti greci hai potuto rileggere la tua storia personale?

Mi affascina quello che in fondo dovrebbe affascinare tutti noi. Il fatto che i grandi pensatori classici avevano già compreso quasi tutto della natura e dei sentimenti umani diverse centinaia di anni prima della nascita di Cristo…

Espresso banalmente: ai greci ci lega molto di più di “Stessa faccia stessa razza”, o del mito di Europa.

Ich bin ein berliner” disse Kennedy – Noi siamo greci…ecc.

Per quanto riguarda la mia vicenda personale, nel mio libro c’è una piccola Odissea, ci sono il dubbio e la ricerca di risposte (che se vogliamo possono essere ricondotti ai tormenti di Socrate e Platone), c’è la voglia di fuga (come nel Critone), ma c’è anche l’ironia, talvolta tragica. Penso ad esempio a come interpreto il rapporto padre-figlio (Teseo/Egeo). Dimenticanza o scherzo tragico?

 

  • Scrivi il libro in epoca di età di disincanto (età in cui la soglia dello stupore è diversa). Colpisce la frase scritta nel tuo ufficio: “Solo la fantasia ci può far evadere dal destino”. Eraclito afferma che il carattere sia destino all’uomo (Ethos Anthropoi Daimon). Il tuo destino inizia quando rispondi ad annuncio sul web e decidi di partire per Leros. Possiamo replicare, alla luce del tuo viaggio, che anche il destino sia carattere all’uomo? Quanto ti ha cambiato questo viaggio? (…a proposito di carattere e di destino……).

Se siano il carattere a tracciare il destino o viceversa potrei rispondere: dipende… Non per contraddire il sommo Eraclito, ma spesso sono le condizioni date a tirar fuori chi siamo. Pavidi o coraggiosi, onesti o meno ecc. Peraltro (concedimelo) se sei un mascalzone dentro difficilmente ti comporterai diversamente…

Per quanto riguarda l’esperienza del viaggio, non mi ricordo chi ha detto “se non torni cambiato vuol dire che non hai viaggiato”. Certo che mi ha cambiato e lo racconto nel libro. Caratterialmente ho imparato (o quasi) a dire di no, ed è stato il destino (sorprendendomi) a farmene capace. Però continuo a credere al potere deragliante della fantasia.

 

  • Tuo padre si ammala quando hai trenta anni, epoca in cui eri distratto dalla frenesia della giovinezza; si spezza un filo sul percorso di conoscenza di sé con e attraverso l’altro significativo (tuo padre). Il tuo viaggio è una risposta a quel filo interrotto padre-figlio? Oltre a sapere di tuo padre il viaggio è stato un voler dire a tuo padre?

Direi che questo è uno dei cardini attorno al quale ruota la storia che racconto. Quasi un tormento. Conoscere per quanto possibile il non detto per cercare di capire chi era mio padre. La frase riportata sul retro di copertina del libro è significativa. Quanto ha ucciso, chi ha ucciso, come… (tormento del taciuto – dargli sollievo/assoluzione nella condivisione), ma è anche una restituzione nei suoi confronti. “È tuo ciò che ora ho ritrovato e ti restituisco”.

Un rivivere e un rivedere per lui. Ahimé inevitabilmente un monologo con una sola voce. La mia…

 

  • Parli di tuo padre appellandoti al mito di Egeo e Teseo…I padri sono opera postuma che cerchiamo di comprendere quando non ci sono piu’ (le tue parole). Il tuo racconto diventa una risposta trasversale a tua figlia e un messaggio corale a ognuno di noi relativamente all’importanza di ascoltare, raccontare e raccontarsi all’altro, creando una rete di rimandi di reciprocità che scioglie i nodi e le difficolta’ che si vengono a creare a causa dei “non detto” e del taciuto. Credi di esser riuscito a ri-comprendere tuo padre grazie a questo viaggio?

In un certo modo il libro va letto in trasparenza. Le mie pagine cercano di uscire dal personale per rendere universale (condivisibile) il problema del dialogo padri e figli. (non a caso non ci sono foto di mio padre…). Che tuo padre abbia combattuto o meno una guerra ha comunque dei taciuti importanti nel suo vissuto che rendono difficile comprenderne l’intierezza. Per tutti, come accenni, il problema si pone quando i padri non ci sono più.

Mi chiedi se ho ricompreso mio padre. Nel libro scrivo che a volte si fa fatica a capire sé stessi, figurati gli altri…

Ho compreso che nel silenzio ci sono cose indicibili. Che nell’animo di ognuno di noi ci sono cose taciute. In questo senso si. E anche se i rimorsi rimangono, il viaggio e i suoi tempi lunghi sono stati una buona cura.

 

  • Nati per riesistere: si esiste nascendo e si riesiste rivivendo e ripercorrendo ciò che i nostri padri hanno vissuto prima che noi nascessimo. Conoscendo la loro vita prima di noi abbiamo modo di comprendere meglio loro e anche buona parte di noi? Il chi fossero i nostri padri, capire i nostri padri, schiude veramente una possibilità di comprendere chi siamo noi?

Direi di si senza ombra di dubbio. Il mio libro è in fondo un libro di viaggio. Dentro la storia e dentro sé stessi. In ogni viaggio, se non sai da dove sei partito non hai la misura di dove sei arrivato. Se non sai chi erano (da dove vieni) non sai chi sei (dove sei arrivato). Come ha affermato Emily Bronte “anche per sempre è fatto di tanto adesso”. L’oggi è fatto di tanto ieri…

Concedetemelo, per assurdo ce lo insegna anche la fantascienza. Sono i ricordi che danno speranza di futuro agli androidi di Blade Runner…

 

  • Il viaggio sull’isola di Leros, risveglia il racconto taciuto di tuo padre creando alla fine un “unicum” indivisibile con te. L’isola generalmente la immaginiamo come qualcosa che distanzia, divide e si divide dal resto: nella tua storia l’isola ha riunito padre e figlio? Quando si viene a creare realmente questo “unicum” con tuo padre nel corso del viaggio?

Io ho un immenso debito con l’isola di Leros e con i suoi abitanti.

Alcuni di loro, con la disponibilità e il tempo che mi hanno dedicato rappresentano per me qualcosa di veramente indimenticabile. È vero quello che dici. L’isola ha avuto per me una forza centripeta incredibile e il suo modo contraddittorio e a volte doloroso di trascorrere i molti decenni del dopoguerra conservando vestigia, reperti, narrazioni, memorie ne fanno un caso direi unico, raro e prezioso. Un patrimonio da proteggere e valorizzare. Una sfida per gli amministratori che ne stanno gestendo il destino sotto la spinta aggressiva del turismo di massa.

Leros ha rappresentato per me una sorta di macchina del tempo grazie alla quale ho potuto compiere le mie ricerche, scavare nel passato, abitarlo prima ancora di riportarlo alla luce. Con l’isola ho costruito qualcosa di empatico, emozionale. Ecco, è grazie a questo che credo, in alcuni momenti, si sia creato quell’unicum con mio padre a cui fai riferimento.

 

  • Dove ti sei virtualmente incontrato in questo viaggio con tuo papà? Quando il Tuo riflesso è stato il Suo riflesso?

Non è facile scegliere un momento. Con mio padre, durante le ricerche, ho spesso intrecciato un dialogo interiore. Due sono però gli episodi emotivamente più coinvolgenti. Il primo quando sono riuscito a trovare quello che rimane degli alloggiamenti della batteria PL 211 dove ha combattuto. Lì mi sono completamente immedesimato in lui.

La seconda volta, al convegno dello scorso anno a Leros, finito il mio intervento sugli avvenimenti occorsi alla batteria PL 211, ho compreso che finalmente ero riuscito a far tornare mio padre su quest’isola: lo desiderava da una vita. Ero felice, mi sono commosso. Ci ero riuscito.

 

  • Critone è il nome della barca del tuo viaggio. Critone consiglia a Socrate un modo per sfuggire al proprio destino. Ad un certo punto rinunci a continuare il viaggio (la barca è in avaria) e vivi la contraddizione della saggezza che non hai rischiato e ti sei salvato, e il sogno infranto di non aver esplorato non rischiando. Ti sei misurato con la ricerca del giusto equilibrio grazie a questa esperienza di viaggio?

Non sono ancora certo di avere risolto questo enigma. Quanto sono disposto a rischiare per realizzare un sogno? Chiaramente dipende da che tipo di sogno e da quanto ne valga la pena. Nel caso narrato la scelta è stata dolorosa ma necessaria. Quando si va per mare bisogna essere previdenti. Nella vita di tutti i giorni i rischi sono sostanzialmente differenti, ma anche qui bisogna saper trovare un equilibrio, e una certa saggezza dell’età aiuta…

 

  • Guarire e guerra sono termini di origine germanica, come quasi tutte le parole che cominciano con la sequenza gu. Guarire deriva dal verbo germanico warjan, che nell'antico tedesco significava 'riparare', 'tenere lontano', 'difendere'. Guerra deriva da werran. Ci sono tanti tipi di guerra e altrettante guarigioni. Tanto dolore e tanta gioia. Quanto dolore e quanta gioia hai trovato in questo viaggio?

La gioia è legata alle scoperte sull’isola e a ogni volta che sono riuscito a mettere al giusto posto i tasselli del puzzle che stavo componendo attraverso letture, testimonianze ecc. Il dolore è stato apprendere delle sofferenze che hanno vissuto e taciuto i nostri padri. Ci sono cose raccapriccianti nei rapporti che mi hanno scosso nel profondo. La guerra non è quella distante che vediamo al cinema o in televisione, è quella che ferisce da vicino le persone che hai amato. Come sia riuscita a guarire da quei traumi la generazione della guerra è quasi inspiegabile. Mio padre, come racconto, si è svegliato per anni nella notte a causa degli incubi che portava dentro.

 

  • Tuo padre non parla di Leros e non ritorna a Leros, ma forse ci sarebbe ritornato. Come si può avere nostalgia dei luoghi dove si è vissuta la follia della guerra? Si fugge dai luoghi del dolore (la storia del mitragliere che piange mentre uccide i suoi coetanei). I reduci generalmente vivono una sorta di magnetismo dei luoghi dove hanno vissuto emozioni drammaticamente autentiche. Hai oggi una risposta a questa contraddizione che credo abbia vissuto anche tuo padre?

Da un lato credo giochi una sorta di voglia di rivivere momenti nei quali aldilà di tutto si è stati giovani e potrei aggiungere giovani eroi. Un modo per riesistere. Non dimentichiamo che molti di loro, prima e dopo la guerra, hanno condotto una vita umile, spesso senza accenti. Dall’altro forse curare traumi e ferite raccontandosi. O ancora misurare quanto si è cambiati dentro e quanto sono cambiati i luoghi. Ricostruire le persone e le macerie.

 

  • Rileggendo oggi il tuo libro, se fossi lettore di te stesso, cosa aggiungeresti ancora alle tue riflessioni, alle tue osservazioni? Vorresti chiedere un’ultima cosa a tuo padre?

Da quando ho consegnato all’editore il manoscritto è passato qualche tempo. Tempo durante il quale ho continuato a interessarmi alle vicende legate alla battaglia. Ci sono alcune cose che alla luce delle nuove acquisizioni avrei potuto aggiungere e precisare maggiormente, ma a conti fatti penso non avrebbero spostato di molto i contenuti della narrazione storica e umana.

Per quanto riguarda mio padre, vorrei potergli chiedere come è andata veramente (sapendolo forse questo libro non sarebbe mai nato). In cambio però, grazie alle mie ricerche, potrei raccontargli cose che a quel tempo né lui né i suoi compagni chiamati all’estremo sacrificio su Monte Raki avrebbero potuto conoscere. E posso immaginarmi come reagirebbe…

Citazioni conclusive

Ho rivisto quello che avresti voluto vedere, papà.
Non so se era questo che cercavi.
Forse molto più semplicemente ti saresti seduto quassù a guardare il mare.. in silenzio… pensieroso… fumando lento una Nazionale… felice della condizione di sentirsi colpevole per esserne scampato… e di riuscire ad apprezzare la vita che ti è stata concessa oltre.
Vorrei saperlo fare per te ma non ho idea di quali pensieri farmi passare per la testa…
L’ombra di chi eri si proietta su chi sono…
È troppo quello che mi sfugge…
C’è il luogo ma fortunatamente mi manca il tuo vissuto.
Ed in fondo mi compiaccio per questa vigliaccheria…

So che tu, figlio mio, non mi capisci ma io credo di capire il perché e so che comprenderai cosa voglio cercare di esprimere quando forse non ci sarò più… La certezza che ciò comunque avverrà.

Dopo i ringraziamenti di rito (a Daniela, che ha brillantemente interpretato il ruolo di voce recitante; ad Andrea, che si è prestato ad interpretare il ruolo dell’inquisitore; ad Alfredo, che si è sottoposto di buon grado ad un amichevole terzo grado; ai numerosissimi intervenuti, per la presenza e per la pazienza), la serata si è conclusa come consuetudine con un bicchiere in mano nella terrazza della biblioteca per continuare l’interrogatorio in forma individuale sotto l’occhio vigile della luna.

Iconografia della presentazione

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